Smart Export: la centralità di porti e dogane. Il case study di Benetton a Trieste
Articolo di Abramo Vincenzi, CEO di Accudire Srl.
Globale, interconnessa, sicura e veloce, la ripartenza dell’export italiano si concentra proprio nella digitalizzazione dei porti, nell’interoperabilità tra pubblico e privato, nell’utilizzo di sistemi avanzati per la gestione della supply chain. Le nuove tecnologie blockchain ed edge computing permettono sempre di più di giungere allo “Smart Export”, caratterizzato dall’interazione completamente digitale tra imprese, autorità e banche.
Il settore imprenditoriale italiano è caratterizzato da un numero molto elevato di PMI, con una predominanza di microimprese e una quota relativamente bassa di medie imprese, scenario in cui le piccole e medie imprese (PMI) rappresentano oltre il 90% del totale delle attività economiche. Le PMI sono attivamente impegnate in attività di esportazione, che rappresentano un motore di crescita indiscutibile per l’economia italiana, contribuendo in modo significativo al Pil: generano più del 51% dell’export, ma sono anche le più vulnerabili in un contesto globale estremamente fluido e caratterizzato da velocità di azione e di dinamiche restrittive spesso imprevedibili, a causa di una spesso non solida preparazione culturale e organizzativa, oltre che alla mancanza di un’adeguata preparazione all’innovazione digitale dei processi. Inoltre, il 73% delle esportazioni italiane avviene in resa Franco Fabbrica (ex works) contro il 30% degli altri Paesi Ue, modello scelto dalle PMI con l’illusione di una maggiore semplicità e di un modo efficace per mantenere basso il prezzo, ma sono vantaggi illusori, che nascondono costi, rischi e inefficienze.
L’articolo è pubblicato sul numero 2 di GeoTrade.